27 febbraio 2008

John McCain non è eleggibile!

Ok John McCain è eleggibile, il titolo del post è solo un titolo, serve a richiamare l'attenzione.

Però la questione mi sembra comunque interessante. La costituzione americana prevede infatti che solo le persone "Natural born citizen" cioè cittadini americani perchè nati negli Stati Uniti, possano essere eletti Presidenti e vice-Presidenti degli USA.

Per esempio Obama può essere eletto perchè è nato a Honolulu nelle Hawaii, Ron Paul perchè è nato a Pittsburgh, Hillary Clinton a Chicago, mentre McCain è nato nella base navale americana di Coco Solo...a Panama!

E Panama non ha mai fatto parte degli Stati Uniti, al limite possiamo dire che una piccola zona di Panama è stata controllata dagli Usa dal 1903 al 1979.

McCain è eleggibile semplicemente perchè le basi americane e i territori controllati dagli Usa sono considerati territorio americano a tutti gli effetti, ma la questione è controversa. Per esempio se una donna straniera si trovasse a partorire all'interno di una base o di un territorio controllato dagli americani, quel bambino potrebbe un giorno diventare presidente?

Con una serie di eventi casuali improbabili ma non impossibili, potremmo quindi avere tra 40-50 anni un Presidente degli United States nato in Afghanistan o in Iraq?

Sarà tutto giusto e tutto legale per carità, ed è anche vero che questa norma costituzionale non è il massimo dal punto di vista democratico e forse andrebbe cambiata. Probabilmente la possibilità di diventare presidente dovrebbe essere un diritto di tutti i cittadini e non solo dei "Natural born citizen".

Ma resta il fatto che la norma è in vigore, e che la volontà degli autori della costituzione non era certo quella di avere un presidente Born in Panama!

Probabilmente quindi, Ron Paul che voleva diventare presidente per ripristinare la costituzione, sarà sconfitto da un candidato che costituzione alla mano non potrebbe essere eletto.


25 febbraio 2008

Questo è il Texas, gente!

I supporters di Ron Paul dell'Università del Texas di Austin hanno accolto calorosamente il loro compatriota, giunto nel Lone Star State per la campagna elettorale per le primarie del 4 marzo.

Poco prima del discorso di Paul, il presidente dell'UT Students for Ron Paul, Chris Robertson ha scaldato ancora di più una già eccitata folla di studenti, sminuendo il successo del front-runner John McCain, seguito a distanza siderale da Mike Huckabee, con Paul ad un terzo posto molto distante con il suo "Siamo il Texas, chi se ne frega di cosa pensano gli altri Stati".

Il discorso di Ron Paul ha toccato come al solito i temi che gli altri candidati fanno finta di dimenticarsi per non inimicarsi troppe lobbies, come il ritiro delle truppe dall'Iraq, l'azzeramento delle leggi incostituzionali emanate negli ultimi 15 anni, ed il rafforzamento della valuta e del potere d'acquisto degli americani. "E' la gente come voi che viene a manifestare a Washington per chiedere null'altro che il Governo la smetta di interferire nelle nostre vite", ha concluso Paul.

Norman Horn dell'
UT Students for Ron Paul ha spiegato come il suo gruppo di 25 studenti volontari abbia lavorato in queste settimane per selezionare eventuali delegati per la convention, e per informare la gente sui loro diritti e sull'importanza della partecipazione. "La risposta è stata veramente eccezionale", ha detto Horn, "gente che non aveva alcun'idea su come si svolgessero questi processi politici adesso ne è consapevole e ne vuole diventare parte".

I sondaggi danno Ron Paul al 7%, quindi non sono speranzoso più di tanto. Però, visto che ci spera Hill Clinton, quasi quasi... in fondo questo è il Texas... chi può dire come andrà?

23 febbraio 2008

Hot Spot


(sintesi di un articolo apparso sul blog ufficiale del LA Times)

Un attimo, aspettate! Non sbarazzatevi di quelle insegne di Ron Paul ancora.

Il settantaduenne repubblicano ha appena assicurato di voler continuare la sua campagna per la nomination presidenziale repubblicana. C'è stata un po' di confusione nei giorni scorsi quando sembrò che Paul fosse in procinto di ritirarsi e rifocalizzare i suoi sforzi sulla primaria per il Congresso del prossimo 4 Marzo nel suo distretto in Texas. I suoi rumorosi sostenitori on-line sono stati meno presenti e sfacciati in questo paio di settimane. Ma ora anch'essi hanno buoni motivi a rifocalizzarsi.

Mercoledi scorso alla CNN Paul ha, però, dato un altro segnale "Rimarrò in gara fin quando i miei supporters vorranno, intendo dire fin quando il numero dei volonatri continuerà a crescere, i soldi ad arrivare, e finchè ci saranno primarie da affrontare e loro mi vorrano impegnato, io rimarrò in corsa".

E se, per dire, ci sarà qualche scandalo o qualche problema di salute per gli altri due candidati repubblicani in vantaggio per numero di delegati, Paul sarà in ottima posizione per affrontare la convention nazionale di St Paul, Minnesota.
Inoltre, guardate cosa ha scoperto il guru dei finanziamenti elettorali per The Times, Dan Morain...
Nei documenti di oggi della FEC, tra tutti i candidati repubblicani ancora in gara alla fine di Gennaio Ron Paul è quello con più dollari in tasca - quasi 6 milioni. E da vero conservatore, Paul non ha nemmeno un penny di debito.
Per questo, ha i soldi per continuare la campagna, nonostante la sua lontanza dalle posizioni degli altri del GOP, l'esser ignorato dai media, il maltrattamento durante i dibattiti televisivi. (...)

nota 1: nonno Ron ha qualche contatto in alto dato che aveva detto in modo sinistro che c'erano "informations" sugli altri candidati che avrebbero potuto cambiare le cose. Se ne fa accenno anche qui, e il giorno dopo scoppia il sexy scandalo per John "Full Metal" McCain... Nell'attesa di sviluppi, segnalo che per McCain c'è un altro problema di tipo finanziario: per strane regole della campagna elettorale americana, un candidato deve comunicare prima e seguendo determinati criteri se intende uscire dal sistema pubblico di finanziamenti, assai rigido, e usufruire di finanziamenti privati. McCain, quando la campagna per lui sembrava stesse per finire, non ha fatto tale richiesta in quanto non pensava ne avrebbe avuto bisogno. Ora ha finito i fondi e per il momento non può accedere a finanziamenti non pubblici... Stanno verificando la situazione, piuttosto complicata, in ogni caso ho solo raccontato male la faccenda, magari ci ritorneremo più in là.

nota 2: il calendario delle
hotties per Ron Paul è sold-out da tempo ormai, ed in effetti prometteva proprio bene...

nota 3: questo ragazzo californiano (sotto) mi è sembrato la migliore sintesi possibile di tutto quello che sta succedendo in questi mesi e su come Ron Paul rappresenti davvero l'ultima spiaggia, è in inglese ma si capisce abbastanza, lui è davvero in gamba, cabarettista mancato. Enjoy!


14 febbraio 2008

Il punto della situazione


(cliccate sull'immagine per ingrandire il grafico)



Come potete vedere dall'immagine, il ritiro di Romney e Giuliani ha prodotto qualche risultato su scala nazionale. Paul sembra aver raddoppiato il suo consenso che ora è stimato al 6,3% nel grafico, ma che gli ultimi sondaggi valutano intorno all' 8-9%.

McCain sembra incontrastabile con il 48%, anche se Huckabee raccoglie circa il il 28-30% negli ultimi sondaggi. Insomma come era logico i candidati superstiti hanno guadagnato tutti qualcosa, ma Huckabee in proporzione sembra averci guadagnato più di tutti.

Per quanto riguarda i dems invece, come vedete oramai è testa a testa tra Obama e Hillary, anzi qualche sondaggista considera il sorpasso ai danni dell'ex-first lady cosa fatta.

12 febbraio 2008

Ron Paul: Time to march forward

Ron Paul fa il punto della situazione dopo un anno dalla sua "discesa in campo". Ammette che i risultati finora vanno oltre tutte le sue più ottimistiche aspettative, e ammette che dopo il super-tuesday la sua attenzione si è spostata sul Texas e sul suo distretto, in vista della rielezione al Congresso, obiettivo dichiarato (oltre alla nomination, ovviamente) fin dal primo momento. Questo ha tolto parte delle risorse e delle energie alla corsa di Ron Paul per la candidatura presidenziale, ma il nonno giura che dopo il 4 marzo, giorno del voto in Texas, tutta la campagna si riverserà sui caucuses e le primarie rimanenti.

Infatti, Paul non ha nessuna intenzione di mollare la corsa. Nel video fa capire che abbandonare vorrebbe dire buttare via tutto il lavoro fatto nell'ultimo anno, e sebbene la brokered convention auspicata sembra ora meno probabile, Ron Paul lascia intendere che ancora la nomination non è affatto assicurata. Interessante una frase a questo proposito, "Non sappiamo cosa succederà, potrebbero venire fuori un bel po' di notizie (informations) su McCain e Huckabee che potrebebro cambiare del tutto il corso dell'elezione"... Cosa intende di preciso il Dr No?

Pertanto Paul chiama a moltiplicare gli sforzi e le risorse, perchè fino a Settembre questa corsa non sarà ancora finita. E in ogni caso, la corsa per la nomination è parallela alla vittoria di lungo termine, la riconquista dell'America, la restaurazione della repubblica dei Padri Fondatori, la rinascita della libertà e della prosperità americana; ma la buona riuscita della campagna elettorale è necessaria per la lotta sulla distanza che Paul consegna alle furure generazioni.

Nella parte centrale del video Paul riprende un paio di articoli da poco pubblicati (uno anche qui) particolarmente incoraggianti, parla del supporto ricevuto dai militari, e dei temi centrali della campagna. Ma la parte migliore del video è l'ultima, nella quale Ron Paul insiste sulla battaglia per la convention di Settembre e la conquista dei delegati, con il preciso scopo di avere un ruolo decisivo nella scelta del candidato del GOP. Proprio per questo, Ron Paul propone ufficialmente un'idea che già circolava da un po' e che anche noi avevemo segnalato: una marcia a Washington prima della convention! Una sfida ai media, al partito repubblicano e ai delegati per la convention, per far vedere al mondo i nuemeri e la forza della R3volution. Paul non parla di date, dice solo che sarà molto presto (rather soon), a quanto si può capire tra Maggio e Giugno. Una marcia su Washington che ovviamente rimanda ad un immaginario collettivo assai emozionante, e che potrebbe diventare una data storica nella lotta contro i neocons, i socialists, i warmongers e gli advocates of inflation. Rimboccatevi le maniche gente,

"There is no reason in the world to back off, this is the time to march forward"

11 febbraio 2008

Le due Washington

(dal blog ufficiale dell'headquarter paulista)
Con l'87% dei seggi scrutinato, Ron Paul ha conquistato il 21% dei voti nello straw poll dello Stato di Washington, un netto terzo posto a pochi punti da Huckabee (24%) e McCain (26%). I risultati dal restante 13% dei seggi possono cambiare le cose di poco. Ma anche con il 100% dei voti contati, la storia non sarebbe finita lì. Ciò che conta di più sono i delegati, e in numerose zone dello stato Ron Paul ha vinto un numero maggiore di delegati di quanto lo straw poll suggerirebbe. E' accaduto in molti stati: i sostenitori degli altri candidati si fanno vivi, votano la loro preferenza e poi vanno via - mentre i sostenitori di Ron Paul rimangono e partecipano al voto per il processo di selezione dei delegati. Abbiamo vinto delegati in seggi dove avevamo perso il voto popolare. Avremo altre notizie quando i voti da Washington State saranno arrivati.

Ora c'è Washington, D.C., si vota domani martedi (in contemporanea con Virginia e Maryland - le "Potomac Primaries"). Abbiamo numerosi sostenitori di Ron Paul assiduamente impegnati nel cuore del Leviatano federale, dove i repubblicani registrati sono così pochi e distanti tra loro che un paio di centinaia di voti possono far cambiare l'elezione. Uno dei nostri sul campo, che ieri ha passato 12 ore a fare propaganda nel Distretto, mi informa di aver incontrato dozzine di repubblicani che stanno considerando di votare per Ron Paul per la prima volta ora che la scelta si è ristretta. I voti di Romney sono alla nostra portata ( E infatti, mi arriva una storia divertente dalla CPAC, dove alcuni sostenitori di Romney erano così disgustati dalla decisione del loro candidato di sospendere la campagna che hanno spostato la loro attenzione su Ron Paul e voteranno per lui).

Nel distretto della Columbia, in Virginia, in Maryland ed in tutti gli stati le cui primarie siano in programma è essenziale identificare e scovare ogni supporter di Ron Paul. E ora che la corsa riguarda solo tre candidati, di cui solo uno small-government conservative, abbiamo l'opportunità di raccogliere nuovi consensi e accorciare la distanza dagli altri candidati. I caucuses dello Stato di Washington dimostrano come questo si possa fare. Nelle primarie l'impegno è molto più gravoso ma lo dobbiamo in rispetto dei principi per i quali stiamo combattendo, per vicnere ogni voto e ogni delegato possibile. Ora più che mai c'è bisogno di precinct leader, e anche un solo giorno di propaganda può fare un enorme differenza.
E' giunta l'ora di raddoppiare i nostri sforzi.

PS:
1) Lo staff paulista sta cercando di aggiustare il tiro dopo il comunicato di venerdì, le tv ci hanno marciato sopra e i supporters (
anche noi) ci son rimasti maluccio.

2) In Alaska un gruppo di sostenitori paulisti ha conquistato una convention locale del GOP, e sembra che in molti parti dello stato si stiano creando le condizioni per vincere la convention statale che manderà i delegati alla convention presidenziale.

3) Huckabee non molla, anzi. Buona notizia.

9 febbraio 2008

GOP: è tutto deciso

Nel suo comunicato di ieri (qui la traduzione) Ron Paul purtroppo sembra darmi ragione.

Ieri infatti avevo in mente di scrivere un post con il titolo che ho usato ora, per spiegare come il Gop caos sia finito e che la situazione per la nomination repubblicana sia risolta.

McCain candidato, Huckabee vicepresidente per tenere buoni i cristiani che hanno preferito lui a Paul, Giuliani nello staff presidenziale, Romney tenuto in caldo per il 2012 dove probabilmente dovrà comunque vedersela con Jeb Bush (i Maya avevano capito tutto!).

Poi ieri è però arrivato il bel post di Gerontion, speranzoso e ragionato, così ho pensato di aspettare ancora qualche giorno.

Ma non ho dovuto attendere così tanto, nel suo comunicato Paul dice infatti chiaramente sei cose:

1) Con il ritiro di Romney, non ci sarà nessuna convention combattuta e aperta a improbabili soluzioni. Quindi nessun possibilità di vedere nonno Ron vincere a sorpresa, e non ci saranno nemmeno molte occasioni per far pesare i propri delegati.

2) Paul non intende ritirarsi, vuole continuare a combattere fino alla fine, la sua più che una candidatura sembra però ormai essere diventata una testimonianza.

3) Lo staff è stato ridotto, infatti l'allarme per me era suonato quando ho letto che Donald Luskin ha lasciato il suo ruolo di Economic Advisor di Paul per appoggiare McCain.

4) Paul ribadisce di essere contrario alla possibilità di candidarsi come indipendente: "I am a Republican, and I will remain a Republican".

5) Paul ora deve anche pensare seriamente alle primarie distrettuali per il congresso, per evitare di essere fatto fuori del tutto dal partito.

6) La rivoluzione continuerà anche dopo la convention, continuerà prima di tutto a livello culturale e poi politico, nel tentativo di portare avanti le nostre idee di libertà.

Mi ha fatto molto piacere infine, leggere questo passo:

"Millions of Americans -- and friends in many other countries -- have dedicated themselves to the principles of liberty: to free enterprise, limited government, sound money, no income tax, and peace. We will not falter so long as there is one restriction on our persons, our property, our civil liberties."*

" and friends in many other countries" ehi, parla anche di noi! :-)


*copio e incollo la traduzione di Andrea:

"Milioni di americani - e di amici in molte altre nazioni - si sono dedicati ai principi di libertà: libera impresa, governo limitato, una moneta solida, nessuna imposta sul reddito e la pace. Noi non ci fermiamo finché c'è questa restrizione sulle nostre persone, le nostre proprietà, le nostra libertà civili."

8 febbraio 2008

Christine Smith vince le primarie in California del Libertarian Party

Christine Smith ha vinto le primarie in California del Libertarian Party. Questo risultato, a cui i più penseranno "chi se ne frega!", è invece importante (a livello prospettico) per i simpatizzanti del candidato repubblicano alla Presidenza Ron Paul.

L'affascinante rossa del Colorado, infatti, è una delle guide del movimento pro-Ron Paul all'interno del LP, e da subito ha cercato di convincere i riottosi vertici del Party of Principle a fare un endorsement chiaro, senza se e senza ma, al dottor Paul.

In dicembre la tensione fra le correnti pauliste ed anti-pauliste (queste ultime principalmente left-libertarian) era quasi arrivata al punto di rottura, e Christine aveva minacciato la scissione all'interno del più importante terzo partito americano. La questione dell'endorsement è tutt'ora in sospeso, e rimandata alla Convention del LP, che si terrà a Denver (CO) dal 22 al 26 marzo.

Questo risultato nel più popoloso stato dell'Unione dimostra che anche la maggioranza degli iscritti al partito è spostata su posizioni pauliste.

Christine Smith ha ottenuto il 25,3% dei voti, seguito da Steve Kubby al 17% (Kubby è molto popolare in California in quanto promotore di una importante legge sulla marijuana, come spiego nel link, ed inoltre ha ricevuto l'endorsement di uno degli allora consulenti di Reagan, Joe Cobb), e da Wayne Root al 13,9%.

I candidati left-libertarian duri e puri, che avrebbero dovuto essere l'espressione del fronte anti-paulista, quello che secondo i vertici del LP era la componente maggioritaria del partito, invece sono letteralmente scomparsi dai monitor, tutti sotto al 4%.

Altra (ennesima) cantonata del direttivo. Ci sarà mai questo benedetto salto di qualità, o il Libertarian Party sarà destinato in eterno ad essere componente solo folcloristica dello scenario politico americano? Emuli di Marco Pannella negli States?

GOP: Tutto ancora da decidere

Orso ci ha spinto a riflettere su una possibile candidatura di Ron Paul da indipendente, sott'intendendo che la ormai assodata campagna per la nomination repubblicana sia una lunga e trionfale passarella da qui a Settembre per John McCain.
Ad essere sincero, non scommetterei un euro su John McCain candidato presidenziale; è vero, il tg5 tre ore fa ha detto che la corsa repubblicana è conclusa e McCain ha vinto, ma permettemi di non fidarmi. La vittoria di McCain mi appare improbabile per una ragione di fondo: per il GOP si tratterebbe di un suicidio elettorale; forse voi avete lo stomaco per immaginare McCain contro Clinton-Obama ma io non ci provo neanche; McCain è un politico che ha costruito la sua carriera esclusivamente sul suo sedicente glorioso passato di servitore della patria e di eroe del Vietnam: la cifra di McCain sta esattamente nella sua frase "Rimarremo anche 100 anni in Irak se dovesse servire per vincere con onore" e costruire una campagna elettorale attorno a questa mission in questo momento storico condurrebbe dritto alla sconfitta... Il punto è capire se il GOP vuole provare a vincere o è rassegnato (o accordato) a lasciare Washington DC all'asinello. Se vale la prima, McCain sarà, in qualche modo, segato.

Questa ragione di fondo mi pare suffragata da almeno un paio di considerazioni: la prima è la congiuntura economica, che potrebbe peggiorare ulteriormente nei prossimi mesi. Se il nervosismo dei mercati continuerà a crescere con Helicopter-Ben ad inondare la piazza di bigliettoni verdi, la Cina in lieve frenata, la recessione USA e il dollaro a picco, la campagna elettorale americana sarà travolta dalla frustrazione e dal malcontento popolare e McCain dovrebbe reinventarsi un profilo politico (prima che presidenziale) di cui non dispone affatto. Capitan McCain non riesce a raccogliere la maggioranza nemmeno del suo partito, figuriamoci quella di un America in declino e sfiancata dalla guerra che si vede una donna e un nero a scimmiottare il Sogno Americano. E poi, se Giuliani, Romney e forse Huckabee lasciano il campo vuol dire che si aspettano qualcosa in cambio e McCain non è nella posizione per stabilire il prezzo, in quanto non ha il partito dietro (con il quale non va molto d'accordo) e non ha i soldi. Trovare un accordo non sarà facile e se qualcuno nelle sale fumose che contano ha gli stessi dubbi che io ho qui accennato, le probabilità che McCain sia nominato sono davvero risicate. E, scusate se insisto, Bloomberg aspetta.

A fronte di tutto ciò c'è poi da chiarire un punto fondamentale: nella più grande democrazia del pianeta, la decisione del candidato a presidente non spetta al popolo sovrano! Il circo mediatico attorno alle primarie è appunto solo questo, tuttavia sono i delegati a decidere la nomination del GOP e la loro scelta non ha quasi alcun legame con i milioni di voti che gli americani hanno effettuato e continueranno a fare fino a Settembre.

Alla convention in Minnesota, per vincere la candidatura, servono i voti di almeno 1191 delegati; in più il nome da mettere al ballot deve essere assicurato prima dalla maggioranza dei delegati provenienti da almeno 5 stati diversi.
I delegati totali sono 2380 e di questi 651 sono del tutto liberi di votare per chi diavolo pare loro fin dal primo voto; dei restanti delegati solo 463 sono legati al loro candidato per tutta la durata della convention, mentre 565 sono legati solo nel primo voto, ma se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza prescritta si dovrà continuare a votare e l'obbligo di voto svanisce. Altri 383 delegati sono "bound" nei primi due voti e altri 318 fino al terzo voto. A questi numeri totali vanno aggiunti i delegati da Ohio, stato di Washington, North Carolina a Virgin Islands che sono legati "soltanto" da un obbligo morale di tipo ufficioso.

E a questi numeri che bisogna fare riferimento e non alle percentuali della Fox o della CNN dopo ogni voto. E con questi numeri McCain, a meno di un accordo tale da riuscire a tenere assieme i big che hanno lasciato per poi tentare di convincere i delegati "liberi" a votarlo al primo voto utile, è ancora molto lontano dalla nomination.
Per questo ritengo che Ron Paul debba continuare a lottare nelle fila repubblicane, continuare a raccogliere delegati, che al momento sono sopra i 40, e spendere i soldi rimasti facendo le pulci a McCain e Huckabee, e puntare ad arrivare alla convention con un discreto nuemero di delegati dalla sua e con il resto del repubblicani divisi e poi lì cercare di farsi strada nell'incertezza; si tratterà di un'altra "mini" ma importantissima campagna elettorale, in realtà l'unica vera campagna elettorale, ma bisogna arrivarci e ci si arriva bene solo continuando la strategia di logoramento delegato su delegato, caucus su caucus, dollaro su dollaro. E' già successo una volta che un underdog arrivasse alla convention repubblicana già decisa e che poi, sfruttando i complessi meccanismi di voto e le divisioni personali e politiche degli avversari, uscisse dalla convention come candidato presidente: si chiamava
Abraham Lincoln.


*l'immagine rimanda ad una storica puntata di South Park

7 febbraio 2008

Ron Paul su Punto Informatico

Vi segnalo questo articolo di Lorenzo Campani su Punto Informatico, dove viene discusso il rapporto tra internet e i finanziamenti dei cittadini alla politica, con un confronto giustamente impietoso tra gli Stati Uniti e l'Italia.

Ovviamente se ve lo segnalo qui è perchè si parla anche di Ron Paul ;-)

Mi sembra giusto ricordare brevemente che Ron Paul è l'unico candidato ad essersi sempre opposto a tutte leggi censorie e moralizzatrici contro la rete, sempre!

In un mondo dove la neutralità delle rete è ormai quasi un ricordo, Ron Paul non è la scelta migliore, ma l'unica scelta possibile.


Sono rimasti in tre




Anche Mitt Romney si è ritirato, o perlomeno ha annunciato di sospendere la sua campagna elettorale. Non è ancora chiaro se la sospensione sia una strategia per arrivare alla vicepresidenza utilizzando i delegati conquistati fin qui o se sia solo un modo come un altro per addolcire la sconfitta.

Comunque ora sono rimasti solo tre candidati per la nomination repubblicana: McCain, Huckabee e Paul.

6 febbraio 2008

Ron Paul cavallo scosso

Come ho scritto stamane chez moi, è mia opinione che Ron Paul deciderà a breve di correre come indipendente. Questi sono le ragioni che mi portano ad opinare in codesta direzione :P
1) Ron ha un sacco di soldi. Uno che restituisce parte dell'idennità parlamentare dovrà pure usare i soldi dei sotenitori per le elezioni.
2) Ron Paul non sopporta John McCain. A differenza di Giuliani, lo rispetta, ma non basta. Teniamo conto che le principali scaramuccie ai dibattiti sono avvenute con il veterano e proprio per quanto riguarda la guerra in Iraq, McCain -ricordo- ha detto pochi giorni fa che in Iraq gli USA dovranno rimanerci 100 anni. Aggiungo che, al contrario di Giuliani (e sulla carta di Bush) costui non è nemmeno un fiscal conservative.
3) In seno ai collaboratori di Paul si sta diffondendo la sensazione che anche la base del Gop è ormai avviato sulla strada del socialismo rampante. Il dottore potrebbe confidare su molti voti di non iscritti alle liste repubblicane.
6) I paulisti sono ai ferri corti col partito anche a causa di più episodi sospetti avvenuti nel corso delle elezioni primarie, di cui i lettori del blog sono a conoscenza.
5) Come ha già scritto Invisigoth, il Partito Libertario è nella crisi più nera. In particolare è criticata la gestione troppo personale e masochistica dell'attuale intellighenzia. Non importa se la nomina andrà a Root, Imperato o Phillies, il party of principles non si schioderà dallo 0,001% per l'ennesima volta. La base vuole liberarsi dei professorini e pigliarsi uno con carisma, e Paul è l'uomo giusto. Se poi si considera che le elezioni dei chairmen locali hanno evidenziato questo aspetto credo che ci sarà almeno un grosso tentativo di imbarcarlo (in fondo gliel'hanno già chiesto)
6) Di contro, Paul ha finora sempre rifiutato di volere correre da solo. Questo forse è spiegabile con il fatto che in pubblici dibattiti di un partito non si poteva dire altro senza cadere nella scorrettezza. Ma se il dr. No ho "tradito" l'elefante già una volta (per la guerra alle droga) davvero non si vede perché non debba farlo di nuovo. Ora.

Io non ci azzecco mai, è noto. Ma non potevo negarmi al Gobbo e magari può nascere un dibattito. Che dite? Fa bene, fa male, fa...?

Il ruggito del topo: perché Ron Paul ha vinto le elezioni




Ecco perchè Ron Paul ha vinto le elezioni: qui il post in inglese di Doug Wead, e qui l'ottima traduzione in italiano di Andrea.

5 febbraio 2008

SuperHope


Ci siamo: è il Super Tuesday e io nonostante tutto ho sensazioni positive. Sarà il mio solito abbaglio?

Chi non vuole o non può dormire lo scoprirà questa notte, piano piano, sotto voce, seguendo i liveblogging di TRN e RDM.

P.s. Anche Nullo è in liveblogging.

4 febbraio 2008

I MILITARI SOSTENGONO RON PAUL



Secondo il recente report della FEC (Federal Election Commision), il candidato alla nomination presidenziale Ron Paul ha ricevuto maggiori donazioni da militari degli altri tre candidati repubblicani messi assieme.

"Le ultime cifre parlano chiaro: le truppe supportano Ron Paul", ha detto il responsabile della campagna di Ron paul Kent Snyder. "Il Dr Paul ha lavorato per tutta la sua carriera a fianco dei veterani, ed ha molti riconoscimenti e pubblici sostegni dovuti al suo impegno in loro favore".

Una ricerca per tipo di occupazione sui dati della FEC rivela che il Dr Paul ha ricevuto 1160 donazioni da militari, quasi il triplo di John McCain e più di McCain, Romney e Huckabee messi assieme.
Il totale di 249 mila dollari che il Dr Paul da solo ha raccolto tra i militari è quasi la stessa cifra raccolta in totale dagli altri cinque candidati repubblicani e democratici rimasti (260 mila dollari).

Paul non è nuovo al sostegno del corpo militare. L'ex presidente Ronald Reagan disse una volta "Ron Paul è un sensazionale leader sul fronte di una più tenace difesa nazionale, da ufficiale dell'aviazione conosce molto bene i bisogni delle nostre forze armate e li considera sempre prioritari. Abbiamo bisogno che egli continui a lottare per il nostro paese!"


Questi sono i numeri totali delle donazioni da militari per ciascun candidato in lizza.


Ron Paul: (1160) $249k
John McCain: (438) $83k
Mike Huckabee: (126) $37k
Mitt Romney: (126) $24k
Barack Obama: (443) $76k
Hillary Clinton: (154) $41k

(Qui la notizia originale).

3 febbraio 2008

Maine, un elettore su 5 sceglie Ron Paul

Mitt Romney (per il momento) vincitore indiscusso dei caucuses repubblicani nel Maine. A metà circa dello scrutinio, risulta avere il 53% dei voti. Segue il favorito John McCain con un 21%, e sul gradino più basso del podio Ron Paul con il 19% delle preferenze. Chiude Mike Huckabee al 5%.
I democratici andranno al voto nel "Pine Tree State" il 10 febbraio.

Giovedì scorso, il coordinatore della campagna elettorale di Paul nel Maine, R. Kenneth Lindell, aveva parlato di buone prospettive per il voto nel Maine: "la campagna di Paul ha attirato un mix di giovani che per la prima volta si avvicinavano al voto, repubblicani di vecchia data con inclinazioni libertarie, o scontenti per la ultime derive del partito, ed indipendenti al fuori dei partiti".
"Se avremo un buon risultato nel Maine, potremo giocarcela ancora meglio nel SuperMartedì, e riuscire a prendere un buon numero di delegati, cosa che potrebbe fare la differenza in caso di Convention Repubblicana spaccata esattamente a metà" ha detto ancora Lindell.