Orso ci ha spinto a riflettere su una possibile candidatura di Ron Paul da indipendente, sott'intendendo che la ormai assodata campagna per la nomination repubblicana sia una lunga e trionfale passarella da qui a Settembre per John McCain.
Ad essere sincero, non scommetterei un euro su John McCain candidato presidenziale; è vero, il tg5 tre ore fa ha detto che la corsa repubblicana è conclusa e McCain ha vinto, ma permettemi di non fidarmi. La vittoria di McCain mi appare improbabile per una ragione di fondo: per il GOP si tratterebbe di un suicidio elettorale; forse voi avete lo stomaco per immaginare McCain contro Clinton-Obama ma io non ci provo neanche; McCain è un politico che ha costruito la sua carriera esclusivamente sul suo sedicente glorioso passato di servitore della patria e di eroe del Vietnam: la cifra di McCain sta esattamente nella sua frase "Rimarremo anche 100 anni in Irak se dovesse servire per vincere con onore" e costruire una campagna elettorale attorno a questa mission in questo momento storico condurrebbe dritto alla sconfitta... Il punto è capire se il GOP vuole provare a vincere o è rassegnato (o accordato) a lasciare Washington DC all'asinello. Se vale la prima, McCain sarà, in qualche modo, segato.
Questa ragione di fondo mi pare suffragata da almeno un paio di considerazioni: la prima è la congiuntura economica, che potrebbe peggiorare ulteriormente nei prossimi mesi. Se il nervosismo dei mercati continuerà a crescere con Helicopter-Ben ad inondare la piazza di bigliettoni verdi, la Cina in lieve frenata, la recessione USA e il dollaro a picco, la campagna elettorale americana sarà travolta dalla frustrazione e dal malcontento popolare e McCain dovrebbe reinventarsi un profilo politico (prima che presidenziale) di cui non dispone affatto. Capitan McCain non riesce a raccogliere la maggioranza nemmeno del suo partito, figuriamoci quella di un America in declino e sfiancata dalla guerra che si vede una donna e un nero a scimmiottare il Sogno Americano. E poi, se Giuliani, Romney e forse Huckabee lasciano il campo vuol dire che si aspettano qualcosa in cambio e McCain non è nella posizione per stabilire il prezzo, in quanto non ha il partito dietro (con il quale non va molto d'accordo) e non ha i soldi. Trovare un accordo non sarà facile e se qualcuno nelle sale fumose che contano ha gli stessi dubbi che io ho qui accennato, le probabilità che McCain sia nominato sono davvero risicate. E, scusate se insisto, Bloomberg aspetta.
A fronte di tutto ciò c'è poi da chiarire un punto fondamentale: nella più grande democrazia del pianeta, la decisione del candidato a presidente non spetta al popolo sovrano! Il circo mediatico attorno alle primarie è appunto solo questo, tuttavia sono i delegati a decidere la nomination del GOP e la loro scelta non ha quasi alcun legame con i milioni di voti che gli americani hanno effettuato e continueranno a fare fino a Settembre.
Alla convention in Minnesota, per vincere la candidatura, servono i voti di almeno 1191 delegati; in più il nome da mettere al ballot deve essere assicurato prima dalla maggioranza dei delegati provenienti da almeno 5 stati diversi.
I delegati totali sono 2380 e di questi 651 sono del tutto liberi di votare per chi diavolo pare loro fin dal primo voto; dei restanti delegati solo 463 sono legati al loro candidato per tutta la durata della convention, mentre 565 sono legati solo nel primo voto, ma se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza prescritta si dovrà continuare a votare e l'obbligo di voto svanisce. Altri 383 delegati sono "bound" nei primi due voti e altri 318 fino al terzo voto. A questi numeri totali vanno aggiunti i delegati da Ohio, stato di Washington, North Carolina a Virgin Islands che sono legati "soltanto" da un obbligo morale di tipo ufficioso.
E a questi numeri che bisogna fare riferimento e non alle percentuali della Fox o della CNN dopo ogni voto. E con questi numeri McCain, a meno di un accordo tale da riuscire a tenere assieme i big che hanno lasciato per poi tentare di convincere i delegati "liberi" a votarlo al primo voto utile, è ancora molto lontano dalla nomination.
Per questo ritengo che Ron Paul debba continuare a lottare nelle fila repubblicane, continuare a raccogliere delegati, che al momento sono sopra i 40, e spendere i soldi rimasti facendo le pulci a McCain e Huckabee, e puntare ad arrivare alla convention con un discreto nuemero di delegati dalla sua e con il resto del repubblicani divisi e poi lì cercare di farsi strada nell'incertezza; si tratterà di un'altra "mini" ma importantissima campagna elettorale, in realtà l'unica vera campagna elettorale, ma bisogna arrivarci e ci si arriva bene solo continuando la strategia di logoramento delegato su delegato, caucus su caucus, dollaro su dollaro. E' già successo una volta che un underdog arrivasse alla convention repubblicana già decisa e che poi, sfruttando i complessi meccanismi di voto e le divisioni personali e politiche degli avversari, uscisse dalla convention come candidato presidente: si chiamava Abraham Lincoln.
Ad essere sincero, non scommetterei un euro su John McCain candidato presidenziale; è vero, il tg5 tre ore fa ha detto che la corsa repubblicana è conclusa e McCain ha vinto, ma permettemi di non fidarmi. La vittoria di McCain mi appare improbabile per una ragione di fondo: per il GOP si tratterebbe di un suicidio elettorale; forse voi avete lo stomaco per immaginare McCain contro Clinton-Obama ma io non ci provo neanche; McCain è un politico che ha costruito la sua carriera esclusivamente sul suo sedicente glorioso passato di servitore della patria e di eroe del Vietnam: la cifra di McCain sta esattamente nella sua frase "Rimarremo anche 100 anni in Irak se dovesse servire per vincere con onore" e costruire una campagna elettorale attorno a questa mission in questo momento storico condurrebbe dritto alla sconfitta... Il punto è capire se il GOP vuole provare a vincere o è rassegnato (o accordato) a lasciare Washington DC all'asinello. Se vale la prima, McCain sarà, in qualche modo, segato.
Questa ragione di fondo mi pare suffragata da almeno un paio di considerazioni: la prima è la congiuntura economica, che potrebbe peggiorare ulteriormente nei prossimi mesi. Se il nervosismo dei mercati continuerà a crescere con Helicopter-Ben ad inondare la piazza di bigliettoni verdi, la Cina in lieve frenata, la recessione USA e il dollaro a picco, la campagna elettorale americana sarà travolta dalla frustrazione e dal malcontento popolare e McCain dovrebbe reinventarsi un profilo politico (prima che presidenziale) di cui non dispone affatto. Capitan McCain non riesce a raccogliere la maggioranza nemmeno del suo partito, figuriamoci quella di un America in declino e sfiancata dalla guerra che si vede una donna e un nero a scimmiottare il Sogno Americano. E poi, se Giuliani, Romney e forse Huckabee lasciano il campo vuol dire che si aspettano qualcosa in cambio e McCain non è nella posizione per stabilire il prezzo, in quanto non ha il partito dietro (con il quale non va molto d'accordo) e non ha i soldi. Trovare un accordo non sarà facile e se qualcuno nelle sale fumose che contano ha gli stessi dubbi che io ho qui accennato, le probabilità che McCain sia nominato sono davvero risicate. E, scusate se insisto, Bloomberg aspetta.
A fronte di tutto ciò c'è poi da chiarire un punto fondamentale: nella più grande democrazia del pianeta, la decisione del candidato a presidente non spetta al popolo sovrano! Il circo mediatico attorno alle primarie è appunto solo questo, tuttavia sono i delegati a decidere la nomination del GOP e la loro scelta non ha quasi alcun legame con i milioni di voti che gli americani hanno effettuato e continueranno a fare fino a Settembre.
Alla convention in Minnesota, per vincere la candidatura, servono i voti di almeno 1191 delegati; in più il nome da mettere al ballot deve essere assicurato prima dalla maggioranza dei delegati provenienti da almeno 5 stati diversi.
I delegati totali sono 2380 e di questi 651 sono del tutto liberi di votare per chi diavolo pare loro fin dal primo voto; dei restanti delegati solo 463 sono legati al loro candidato per tutta la durata della convention, mentre 565 sono legati solo nel primo voto, ma se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza prescritta si dovrà continuare a votare e l'obbligo di voto svanisce. Altri 383 delegati sono "bound" nei primi due voti e altri 318 fino al terzo voto. A questi numeri totali vanno aggiunti i delegati da Ohio, stato di Washington, North Carolina a Virgin Islands che sono legati "soltanto" da un obbligo morale di tipo ufficioso.
E a questi numeri che bisogna fare riferimento e non alle percentuali della Fox o della CNN dopo ogni voto. E con questi numeri McCain, a meno di un accordo tale da riuscire a tenere assieme i big che hanno lasciato per poi tentare di convincere i delegati "liberi" a votarlo al primo voto utile, è ancora molto lontano dalla nomination.
Per questo ritengo che Ron Paul debba continuare a lottare nelle fila repubblicane, continuare a raccogliere delegati, che al momento sono sopra i 40, e spendere i soldi rimasti facendo le pulci a McCain e Huckabee, e puntare ad arrivare alla convention con un discreto nuemero di delegati dalla sua e con il resto del repubblicani divisi e poi lì cercare di farsi strada nell'incertezza; si tratterà di un'altra "mini" ma importantissima campagna elettorale, in realtà l'unica vera campagna elettorale, ma bisogna arrivarci e ci si arriva bene solo continuando la strategia di logoramento delegato su delegato, caucus su caucus, dollaro su dollaro. E' già successo una volta che un underdog arrivasse alla convention repubblicana già decisa e che poi, sfruttando i complessi meccanismi di voto e le divisioni personali e politiche degli avversari, uscisse dalla convention come candidato presidente: si chiamava Abraham Lincoln.
7 commenti:
sia lode a Gerontion per la citazione del confronto fra peretta gigante versus panino allo str*nzo...
Naturalmente il post è sacrosanto, ma questo è pleonastico, perché Gerontion ha sempre dato ottimi spunti di riflessione
Andrebbe così, se i repubblicani ragionassero secondo il buon senso :)
ma non lo fanno nemmeno i semplici iscritti alle liste... quindi scuserai il pessimismo.
Comunque ti ringrazio per avermi chiarito alcune cose riguardo al meccanismo della convention che non conoscevo bene.
Veramente stavo pensando di scrivere un post intitolato : "GOP: è già tutto deciso?"
:-))))
Però un post così bello fa riflettere...
ho cercato materiale in giro, xkè avevo letto dei post poco chiari su dailypaul, e sia la matematica ke la storia sono dalla parte di nonno ronald, bisogna provarci fino alla fine.
Caro Gerontion penso proprio che tu abbia ragione!!! Approvo su tutta la linea il tuo ragionamento, e dalle mosse che sta attuando Ron Paul mi sembra che tutto torni proprio come dici tu.
FORZA RON PAUL!!!
BREDA
www.noinatimale.it
In un celebre dibattito repubblicano (i candidati erano ancora una decina) non ricordo se Huck o McCain ha detto: prima viene l'onore del paese e poi quello del partito, come dire: è più importante completare il lavoro (sporco) iniziato in Irak che vincere le elezioni.
Questo a conferma del fatto che i candidati esprimono i pareri di chi gli dà i soldi: industria bellica, finanza, industria del farmaco, ecc..
Se per il bene supremo (si fa per dire) di queste lobbies è bene che vincano i democratici, i repubblicani si faranno da parte volentieri (tanto con una spesa di centinaia di miliardi all'anno -vedi articolo di Blondet qui http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2649¶metro=esteri
c'è da mangiare per tutti!
Che schifo.
Alberto
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