9 giugno 2010

Su Israele Ron Paul e Rand Paul divergono

Ron Paul, candidato repubblicano alle primarie del 2008, e suo figlio Rand Paul , candidato del Tea Party per il Senato alle prossime elezioni di medio termine in Kentucky hanno opinioni nettamente divergenti sul rapporto che dovrebbe intercorrere tra Israele e Stati Uniti.

“Israele e gli Stati Uniti- ha detto qualche settimana fa Rand – hanno un rapporto speciale. Con la nostra storia condivisa e i valori comuni, il popolo americano ed israeliano hanno stretto un legame che ci unisce attraverso le molte migliaia di chilometri tra i nostri paesi e ci chiama a lavorare insieme per la pace e la prosperità per i nostri paesi”.

Rand Paul, che inizialmente aveva raccolto voti anche tra elettori molto a sinistra, secondo alcuni con questa dichiarazione li avrebbe mandati in fumo. Recuperandone altri però, secondo altri analisti, tra l’elettorato più conservatore ancora scettico rispetto al fenomeno Tea Party.

Ron Paul, invece, non ha mai nascosto una certa “insofferenza” verso l’amicizia speciale degli States verso Israele, e ne ha spiegato i motivi nel suo libro La Terza America. “Sono favorevole – ha scritto – a estendere a Israele la stessa onesta amicizia che Jefferson e i Padri Fondatori ci hanno esortato a offrire a tutte le nazioni. Ma questo significa anche nessun privilegio speciale come gli aiuti all’estero – posizione che mantengo anche con tutti gli altri paesi”.

E parlando dei finanziamenti americani ad Israele, ha proseguito: “[Così] Israele cerca l’approvazione americana per le azioni militari che ritiene necessarie, si consulta con l’America su faccende pertinenti i suoi stessi confini, e ne cerca anche l’approvazione per colloqui di pace con i suoi vicini. E’ ora di farla finita. E con un arsenale di centinaia di armi nucleari, Israele è più che capace di dissuadere o respingere qualsiasi nemico. Israele dovrebbe ancora una volta essere responsabile del proprio destino”.

Ron Paul ha preso invece una recente posizione nettissima per quanto riguarda invece Gaza. “Impedire – ha detto – ai beni di prima necessità di entrare è un vero atto di guerra. E’ assolutamente sbagliato impedire l’arrivo di aiuti a gente affamata e piena di problemi, che sta quasi come in un campo di concentramento . Sì, noi stiamo appoggiando questo concetto. Io penso che tutto questo sia terribile, e che non dovremmo prenderne parte”.

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