In tutte le campagne elettorali inevitabilmente arriva il momento della crisi.
Ebbene, il momento della crisi credo sia arrivato anche per Ron Paul.
Due a mio avviso le cause principali:
1) La mancata affermazione nel
New Hampshire2) Lo scandalo delle newsletter razziste
In
New Hampshire tutti si aspettavano un piazzamento sul podio e un risultato a due cifre, per potersi imporre al grande pubblico come un'alternativa valida e uscire dallo stereotipo del "candidato buffo senza possibilità di vittoria".
Invece è arrivato un risultato dignitoso ma inutile: il quinto posto con il 7,6%.
Difficile capire le cause del fallimento, che probabilmente sono molteplici.
Comunque sia questo ha causato un contraccolpo nei sostenitori del Dr. No, e una parte di loro sembra aver perso fiducia nel movimento e nelle sue possibilità di vittoria. Si sono levate anche critiche alla condotta della campagna elettorale, e in effetti credo che vista l'importanza strategica del voto in NH si poteva e si doveva fare (cioè spendere) di più.
D'altro canto visto che molti sostenitori di Ron Paul sono cospirazioni, non deve sorprenderci che da più parti si siano levate accuse di brogli elettorali e richieste di ricontare i voti contea per contea.
Lo stesso Paul afferma in un suo messaggio di oggi che i poteri forti contro cui lotta il movimento sono pronti a tutto per fermarlo, anche a frodare le elezioni.
Del resto però, sempre nello stesso messaggio, Paul ricorda che sono due le battaglie che si era impegnato a combattere: quella culturale e quella politica. Delle due quella più importante secondo Paul è quella culturale, che sostanzialmente è già stata vinta. Finalmente infatti i temi forti dei libertarian sono stati sdoganati e sono diventati un'opzione da considerare anche per il cittadino medio, e non solo per gli iniziati al culto di Murray Rothbard. Per quanto riguarda invece lo scandalo delle newsletter razziste, devo dire che mi sembra tutto molto strano, quasi surreale. Per chi si fosse perso le puntate precendenti ricordo che
un giornalista di The New Republic ha "scoperto" alcune newsletter degli anni '90 intestate e firmate da Ron Paul. Il contenuto è scandaloso, razzista, omofobo, bigotto e stupido. Ron ha precisato prontamente che la newsletter è a suo nome, ma che non è stato lui a scriverla e che non rispecchia il suo pensiero nel modo più assoluto.
Inoltre pare che questa storia non sia affatto nuova, e che venga "scoperta" tutte le volte che Ron si presenta a qualche elezione.
Tuttavia questo scandalo ha causato una forte frattura nella base del movimento, che ha subito defezioni eccellenti anche tra alcuni blogger di peso, che come la maggior parte di noi non era a conoscenza delle newsletter. "Ron Paul il bigotto" sembra essere diventato il marchio dell'infamia.
Il fatto che
lo stesso giornalista di TNR abbia affermato che secondo lui Paul non è affatto razzista, non ha cambiato di una virgola la situazione.
A complicare le cose ci si mette anche Paul, che si è sempre rifiutato di fare il nome del vero autore di quelle frasi ignobili. Probabilmente perchè questo
ghostwriter è ancora oggi un suo stretto collaboratore.
Questo da molti è considerato semplicemente inaccettabile. Da più parti si chiede "la testa del bigotto" e io non posso che essere d'accordo. Così Paul rischia solo di perdere credibilità, e con le sue scuse poco convincenti di "non ricordarsi chi abbia scritto quelle frasi" di perdere altri supporter.
Paul oggi scrive anche di questo, lasciando intendere velatamente che sono tutte macchinazioni prevedibili che il sistema sta usando per screditarlo e per seminare il caos tra la sua base elettorale. Tutto vero, ma purtroppo questa strategia anti-Paulista sta funzionando alla grande, quindi a mio avviso servirebbe una reazione più energica.