L'altro ieri a S. Petersburg, Florida, si è tenuto l'ultimo dibattito dei candidati alle primarie del Gop.
Come sono andate le cose? Direi al solito, compresa l'attitudine dei giornalisti nei confronti di Ron Paul, ancora decisamente underdog. Sono passati più di 30 minuti prima che il Dr. No, relegato in fondo insieme a Duncan Hunter prendesse la parola dopo un lungo dibattito su sanctuary city e immigrazione. Ciò è stato possibile, ancora una volta, grazie alla rete o più precisamente grazie alla collaborazione tra Cnn e YouTube che ha permesso a molti internauti di fare domande da casa. Il quesito, posto da un giovane texano era decisamente inusuale e non sorprende la scelta di Paul come destinatario: "Esiste una cospirazione che mira a creare una grande Unione Nordamericana (puntando cioè sulla fusione tra Stati Uniti, Canada e Messico)?"
Risposta: "No credo esista una cospirazione in senso stretto, esiste una battaglia culturale e ideologica: c'è chi crede nel globalismo, chi nella sovranità nazionale." E citando Natfta e Onu aggiunge che non gli piace il trend "internazionalista" che la politica americana ha assunto negli ultimi anni. È un po' come dire "il nemico è tra noi".
In seguito c'è stata l'occasione per ribadire alcuni dei cavalli di battagli pauliani: non basta diminuire le tasse, occorre anche ridurre la spesa fiscale, eliminando gli orpelli governativi "department of education" e "of homeland security in testa", segue un intervento sull'aborto, a i lettori di questo blog è già nota la posizione di Paul al riguardo, anche se è bene sottolineare il fatto che il Dr. No ha ribadito che non ritiene opportuno punire le abortiste.
Ma sicuramente l'evento rilevante della serata è stato il duello con il sen. McCain che sembra aver definitivamente rubato il lavoro a Rudy Giuliani. Il battibecco si è svolto in due parti, nella prima McCain ha detto che l'isolazionismo di Paul è lo stesso che ha aperto la strada alla seconda guerra mondiale. Paul ha risposto di non essere isolazionista, ma semplicemente non interventista. Forse lo statement del senatore, così smaccatamente assurdo (dov'è la Polonia?), meritava ben altra risposta. Il secondo tempo ha visto protagonista il Vietnam. Ad un'uscita di Paul che paragonava la situazione in medio oriente all'Indocina dell'occupazione francese ed americana, il sen. McCain ha ricordato che fu la percezione che l'opinione pubblica aveva della guerra a causare il ritiro. Paul si ha risposto che non perdere nemmeno una battaglia è del tutto irrilevante rispetto alla perdita di milioni di uomini.
La novità è che nonostante Ron Paul abbia insistito con fervente radicalità sulle sue convinzioni rispetto la politica estera, la reazione della platea non è stata così netta come nel dibattito precedente. Boo e applausi si sono sommati sia per l'uno che per l'altro. Dopo lo spot (niente di che, meglio i molti artigianali) e una considerazione sul problema delle infrastrutture ("costruiamo ponti all'estero e crollano qui da noi. Stiamo andando in bancarotta. Bisogna tenere il governo fuori dalle nostre tasche e dalle nostre vite" :D) arriva la domanda, sempre da un telespettatore via YT, da un milioni di dollari. Ron Paul deluderà gli americani non correndo come candidato indipendente". Pare di sì. "Sono un repubblicano, ho vinto dieci volte con i repubblicani e stiamo facendo benissimo".
L'unico peccato è se in questa dibattito Ron Paul ha avuto qualche occasione per parlare di politica estera non ha avuto praticamente parola per esprimere le sue convinzioni, molto popolari, su immigrazione e fisco. Riguardo questa issue la scena gli è stata rubata da Mike Huckabee e la sua fair tax. Forse la Cnn si è dimenticata del 5 novembre.
30 novembre 2007
l'Iowa scombina i giochi
Clamoroso il risultato di un sondaggio della Rasmussen Reports diffuso oggi, con le interviste ad 839 partecipanti al Caucus repubblicano in Iowa. L'ex governatore dell'Arkansas, Mike Huckabee, intasca il 28% dei consensi, seguito dal mormone Mitt Romney al 25% (Romney era in testa nei sondaggi dei simpatizzanti GOP in tutto l'Hawkeye State). Terzo posto per Rudy Giuliani al 12%. Il posto più basso del podio è insidiato da Fred Thompson, all'11%.
Anche qui, a sorpresa (visto che alle oligachie di partito non è che sia mai piaciuto tanto) avanza Ron Paul, che arriva al 5% (era al 4% nelle intenzioni di voto dei simpatizzanti GOP di questo Stato dieci giorni fa). Paul ha addirittura superato John McCain, che scende al 4%, insieme a Tom Tancredo. Chiude Duncan Hunter all'1%.
Il dibattito CNN-YouTube svoltosi il 28 novembre in Florida (vinto da Huckabee secondo Time.com) conferma in linea di massima questo sondaggio (visto che le interviste della Rasmussen erano state effettuate il 26 ed il 27 novembre scorsi, dunque precedentemente), ed anzi se vogliamo gli conferisce ancora maggiore forza.
Dicembre sarà cruciale. Sbaglia chi si sente già la vittoria in pugno.
Anche qui, a sorpresa (visto che alle oligachie di partito non è che sia mai piaciuto tanto) avanza Ron Paul, che arriva al 5% (era al 4% nelle intenzioni di voto dei simpatizzanti GOP di questo Stato dieci giorni fa). Paul ha addirittura superato John McCain, che scende al 4%, insieme a Tom Tancredo. Chiude Duncan Hunter all'1%.
Il dibattito CNN-YouTube svoltosi il 28 novembre in Florida (vinto da Huckabee secondo Time.com) conferma in linea di massima questo sondaggio (visto che le interviste della Rasmussen erano state effettuate il 26 ed il 27 novembre scorsi, dunque precedentemente), ed anzi se vogliamo gli conferisce ancora maggiore forza.
Dicembre sarà cruciale. Sbaglia chi si sente già la vittoria in pugno.
28 novembre 2007
Land of the free
Davvero bello questo video, ma dobbiamo dare ragione a C.Rocca: gli spot più belli sono quelli di McCain!
(mi raccmando non guardate gli spot di McCain suggeriti da Rocca prima di guidare o utilizzare macchinari industriali pericolosi, colpi di sonno in vista!)
27 novembre 2007
Ron Paul: per chi non vede la luna
Uno pensa che certi discorsi si possano sentire solo da Vespa o da Floris, dalle faccine dei nostri rappresentanti impettiti. Invece no, sorprendentemente forum e blog pullulano alla stessa maniera di fesserie senza fondamenta. E' un fatto prettamente italiano, tendiamo a ricondurre tutto nelle categorie dell'ombellico di casa nostra, con risultati notevoli. Così, spesso leggo discussioni italiane sul nostro amato Ron Paul, e purtroppo l'idea frequente è che si tratti di un Beppe Grillo yankee, un agitatore bizzarro che gioca sul malcontento popolare; per i pù smart, Paul è il solito abile figurante pacifista nella corsa per la Casa Bianca, sempre previsto nella commedia presidenziale per non far annoiare troppo il pubblico americano. E allora poi senti quelli di sinistra che "si, Paul è pacifista ma è anti-abortista e contro i trattati internazionali", e quelli di destra di contro "Si, è un repubblicano conservatore ma è anti-americano e vagamente complottista" e via discorrendo.
Cercando di esser chiari e concisi:
1) Ron Paul è anti-abortista, per fede religiosa: ma Ron Paul, come Jefferson, è convinto che "le opinioni degli uomini non sono materia del governo civile" e cioè che sia illiberale e anticostituzionale legiferare sull'etica personale e le convinzioni religiose. Libera scelta e responsabilità agli individui. Lo stato rimane fuori. Punto.
La differenza che spesso non si nota tra noi e l'America è come la religiosità sia connaturata all'esperienza politica statunitense: l'America è nata con lo scopo di difendere la libertà, in primis quella di culto. Ci si dimentica che i pellegrini del Mayflower erano appunto tali, e cercavano una terra dover poter credere nel loro dio senza essere perseguitati dal potere costituito. Lo stato italiano nacque con la Breccia di Porta Pia: questa è la differenza. Appiccicare i discorsi stile Peppone-Don Camillo della politica italiana agli Usa è da spettatori di Matrix o giornalisti di quotidiani italiani, non da persone informate sui fatti.
2) Ron Paul non crede nella delega parlamentare nè nel diritto sovranazionale, crede nella autodeterminazione. I trattati internazionali sono limitazioni alla autodeterminazione dei popoli. Questo non vuol dire che Ron Paul sia protezionista, vuol dire solo che per lui le tariffe, i sussidi, i balzelli, i dazi e le quote siano da eliminare non perchè il WTO ha detto di farlo ma perchè sono uno dei tanti modi dello stato di depredare i contribuenti, e perchè Ricardo e Hume ci hanno spiegato che dal libero commercio si trae un beneficio netto e perchè la libertà individuale è anche libertà di commercio.
3) Ron Paul è l'unico autentico americano in corsa per le presidenziali. L'America moderna ha ripudiato i Padri Fondatori nel momento in cui ha deciso di allargare le competenze dello stato centrale, finanziando la spesa con emissione di moneta dal nulla, creando un circolo vizioso che utilizza la spesa (in special modo quella militare) per aumentare il controllo sui privati. La guerra è lo strumento più potente di cui lo stato dispone per addomesticare il popolo: con la guerra si vincono le elezioni, si sostiene la domanda interna, si sacrifica la libertà con la sicurezza. In più, la dottrina Bush teorizza un ingerenza negli affari di paesi sovrani che è in assoluto contrasto con il principio liberale dell'autodeterminazione dei popoli. Per questo far tornare a casa le truppe americane in giro per il globo è doveroso.
Da qui si giunge al cuore della campagna di Ron Paul che è anche il cuore del sistema americano: la Moneta. Ron Paul si è formato sulla teoria economica austriaca, sa che il centro propulsore del meccanismo perfetto e perverso stato-debito-guerra è la Banca Centrale, il grand commis che finanzia il tutto creando soldi dal nulla, distruggendo la ricchezza reale degli americani, alterando i cicli economici e facendo saltare il meccanismo dei prezzi, che come Mises ha spiegato è il perno di un sistema capitalista. Questa è la Rivoluzione di Ron Paul, e su questo punto essenziale bisognerà tornare più volte nei prossimi post (almeno, ci si proverà).
Ron Paul mira al cuore dell'impero statunitense in agonia; i potenti d'America lo sanno e per questo lo disegnano come un Howard Dean qualunque, per evitare che il ginecologo libertario sveli agli americani il trucco dietro la magia. Non caschiamoci anche noi.
Il no alla guerra.
Uno degli elementi che, in maggior rilievo, unisce i sostenitori di Ron Paul e che ne ha fatto fenomeno mediatico mondiale, risulta chiaramente il no alla guerra.
Non un no semplicemente pacifista ( che sarebbe comunque legittimo ), ma un no destinato a far riflettere non solo le coscienze americane ( per loro già fortemente scosse ), ma l'intero panorama occidentale.
Ron Paul è stato l'unico deputato repubblicano schieratosi contro la vulgata della "dottrina preventiva" e di conseguenza del Patriot Act.
Egli pone un chiaro discrimine fra democrazia storica ( quella dei padri fondatori ) ed ideologica ( quella imposta con le armi ); un discrimine che si evidenzia nelle spese del governo federale, nelle ripercussioni sociali economiche e morali, nel fallimento totale della geopolitica americana a conduzione neo-con.
Ron Paul esprimendo la classica posizione del GOP, intercetta quella voglia di chiarezza, di gestione comune del ruolo americano nel mondo, che è divenuto paletto irrinunciabile nella corsa verso la Casa Bianca.
La rivoluzione di Paul, rappresenta in fondo il più scrupoloso tentativo di restaurare i principi repubblicani e democratici della Fondazione.
Corto Maltese
Non un no semplicemente pacifista ( che sarebbe comunque legittimo ), ma un no destinato a far riflettere non solo le coscienze americane ( per loro già fortemente scosse ), ma l'intero panorama occidentale.
Ron Paul è stato l'unico deputato repubblicano schieratosi contro la vulgata della "dottrina preventiva" e di conseguenza del Patriot Act.
Egli pone un chiaro discrimine fra democrazia storica ( quella dei padri fondatori ) ed ideologica ( quella imposta con le armi ); un discrimine che si evidenzia nelle spese del governo federale, nelle ripercussioni sociali economiche e morali, nel fallimento totale della geopolitica americana a conduzione neo-con.
Ron Paul esprimendo la classica posizione del GOP, intercetta quella voglia di chiarezza, di gestione comune del ruolo americano nel mondo, che è divenuto paletto irrinunciabile nella corsa verso la Casa Bianca.
La rivoluzione di Paul, rappresenta in fondo il più scrupoloso tentativo di restaurare i principi repubblicani e democratici della Fondazione.
Corto Maltese
26 novembre 2007
Giuliani? Forse farà il governatore delle Hawaii...
Esiste uno Stato, dopo Iowa e New Hampshire, dove Rudy Giuliani sembra essere escluso dalla vittoria alle Primarie? Certo che c'è: la Carolina del Sud. E non perché lo Stato del Sud si dimostri una roccaforte thompsoniana (in realtà non è così), ma perché gli elettori del GOP gli stanno preferendo decisamente il mormone Romney.
Fred Thompson, infatti, si attesta al 21% nell'ultimo sondaggio Rasmussen Reports (era al 24% a settembre), ed è stato raggiunto da Mitt Romney che è passato dal 14% al 21% nel giro di due mesi.
Segue da lontano l'ex Sindaco di New York City, Giuliani, al 13%: a settembre era al 20%, un lancio nel vuoto da sport estremo. O se preferite, un aereo che scompare dalla visuale dei radar.
In grande risalita, invece, Mike Huckabee, che dallo striminzito 3% di settembre arriva al 12%. Leggera discesa per John McCain che dall'11% di due mesi fa scende al 9%.
Enorme risalita (a livello di Huckabee e Romney) anche per il candidato libertarian Ron Paul, che da un 1,qualcosa% di settembre arriva all'8%. Paul si conferma il candidato che, pur ancora considerevolmente lontano dai piani alti della classifica, nell'ultimo mese è salito un po' dovunque.
Fra gli asinelli non c'è storia: Hillary Clinton non si è schiodata di un punto dal suo 43%, Barack Obama passa dal 30% al 33%, John Edwards guadagna un punticino, arrivando all'11%.
Considerazione: Giuliani in Iowa (Stato chiave) è solo terzo, in Florida è primo ma ha perso due punti, in New Hampshire (altro Stato chiave importante) Romney lo sovrasta di 15 punti percentuale, in South Carolina lo abbiamo appena visto... Ma lo sapete che vincere alle Hawaii non dà la nomination? Sono solo sondaggi Rasmussen, è vero, e tutto può ancora succedere... Ma vendere la pelle dell'orso prima di averlo ammazzato non è mai cosa da farsi...
InVisigoth
Fred Thompson, infatti, si attesta al 21% nell'ultimo sondaggio Rasmussen Reports (era al 24% a settembre), ed è stato raggiunto da Mitt Romney che è passato dal 14% al 21% nel giro di due mesi.
Segue da lontano l'ex Sindaco di New York City, Giuliani, al 13%: a settembre era al 20%, un lancio nel vuoto da sport estremo. O se preferite, un aereo che scompare dalla visuale dei radar.
In grande risalita, invece, Mike Huckabee, che dallo striminzito 3% di settembre arriva al 12%. Leggera discesa per John McCain che dall'11% di due mesi fa scende al 9%.
Enorme risalita (a livello di Huckabee e Romney) anche per il candidato libertarian Ron Paul, che da un 1,qualcosa% di settembre arriva all'8%. Paul si conferma il candidato che, pur ancora considerevolmente lontano dai piani alti della classifica, nell'ultimo mese è salito un po' dovunque.
Fra gli asinelli non c'è storia: Hillary Clinton non si è schiodata di un punto dal suo 43%, Barack Obama passa dal 30% al 33%, John Edwards guadagna un punticino, arrivando all'11%.
Considerazione: Giuliani in Iowa (Stato chiave) è solo terzo, in Florida è primo ma ha perso due punti, in New Hampshire (altro Stato chiave importante) Romney lo sovrasta di 15 punti percentuale, in South Carolina lo abbiamo appena visto... Ma lo sapete che vincere alle Hawaii non dà la nomination? Sono solo sondaggi Rasmussen, è vero, e tutto può ancora succedere... Ma vendere la pelle dell'orso prima di averlo ammazzato non è mai cosa da farsi...
InVisigoth
Chi siamo
Siamo un gruppo di blogger italiani che sostengono Ron Paul, il candidato libertarian in corsa per ricevere la nomination repubblicana per le elezioni presidenziali americane del 2008.
Tra di noi ci sono dei libertarian veri e propri, altri invece provengono dalle più disparate esperienze politiche.
Abbiamo anche diverse concezioni della vita, visto che tra di noi ci sono sia dei cattolici che degli atei/agnostici.
Tutti però, per un motivo o per l'altro, abbiamo deciso di sostenere Ron nella sua difficile sfida.
Il nostro impegno è rivolto a diffondere il pensiero e l'azione politica di Ron Paul e del suo movimento, oscurato su quasi tutti i media internazionali che ci vogliono rinchiudere nella gabbia Giuliani-Clinton.
La nostra comunque non vuole essere un'agiografia online, i nostri modelli non sono né il TG3 nè tanto meno il TG4. Il nostro intento è quello di dar vita a un dialogo, con lo scopo di approfondire gli argomenti e sviluppare il senso critico della gente, noi compresi.
Ringrazio tutti i blogger che hanno aderito e tutti quelli che si uniranno a noi strada facendo.
Buon lavoro e buon divertimento a tutti, che la rivoluzione cominci!
20 novembre 2007
Ron wants you!
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