5 novembre 2010

Mid Term 2010: risultati e tutti gli eletti del Tea Party

I repubblicani conquistano la maggioranza della Camera alle elezioni di Mid Term 2010, con 239 seggi (60 in più rispetto alla precedente legislatura) contro i 187 dei democratici (al momento 9 seggi non sono ancora stati assegnati ufficialmente). I dems perdono terreno anche al Senato, mantengono però la maggioranza per cinque seggi (52 a 47, uno non ancora assegnato), che pur salvando “la faccia” nella pratica non garantisce de facto un appoggio incondizionato a Barack Obama, vista l’elezione di alcuni senatori democratici dichiaratamente contrari alle politiche che fin qui ha avuto il Presidente eletto (come Joe Manchin, West Virginia). Inclusi nel conto dei dems anche i due senatori indipendenti Bernie Sanders (Vermont) e Joseph I. Lieberman (Connecticut) che hanno corso sotto il simbolo dell’asinello ma non sono affiliati a questo partito (dunque il cerchio è già più ristretto rispetto al conto di 52).

Vittoria del GOP anche nel conto dei Governatori, con 29 stati che saranno a guida repubblicana (+ 9 rispetto alla precedente legislatura), 16 a guida democratica, e uno (il Rhode Island) che ha confermato il governatore indipendente uscente, Lincoln Chafee (quattro ancora non assegnati ufficialmente). In controtendenza la California, che dopo gli otto anni repubblicani di Arnold Schwarzenegger passa alla guida del democratico settantaduenne Jerry Brown; la sfidante Meg Whitman, la miliardaria che ha speso più soldi propri in tutte le elezioni di sempre, non ce l’ha fatta (ergo in America non è vero che vincano per forza i più ricchi). In South Carolina è stata eletta la prima governatrice donna, Nikki Haley, 38 anni figlia di immigrati sikh e sostenuta dal Tea Party (in questo stesso stato Terri Sewell, dems, è diventata la prima donna nera eletta al Congresso).

Il Tea Party ha riportato una grossa affermazione, non solo e non tanto per il numero di candidati portati in Parlamento, ma anche perché ha costretto da un lato il partito repubblicano a riscrivere la propria agenda incorporando molte issues di questo movimento, e dall’altro ha costretto i democratici ad impostare contro di loro la campagna elettorale. Uno dei rappresentanti più veri e sinceri del Tea Party, mediaticamente meno appariscente perché concreto e non equivoco, Rand Paul, ha vinto di larga misura per il Senato in Kentucky (55,9%). Netta anche la vittoria di Marco Rubio (Florida), figlio di immigrati cubani e da qualcuno già ribattezzato l’Obama ispanico.

Continuando con il Senato, in Alaska il candidato repubblicano del Tea Party Joe Miller ha totalizzato il 34,3%, contro il 41% del “write-in” (nome scritto a mano sulla scheda) dell’ex repubblicana candidatasi come indipendente Lisa Murkowski. Sconfitta come da programma per Christine O’Donnell in Delaware e meno scontata invece per Sharron Angle in Nevada. Questi tre protetti della “versione Sarah Palin” del Tea Party non ce l’hanno fatta, e anche questa è una buona notizia in chiave futura per il movimento. In Colorado il candidato del Tea Party Ken Buck ha mancato di un soffio l’elezione.

Gli altri candidati appoggiati dai diversi Tea Parties al Senato eletti: Pat Toomey (Pennsylvania), Mike Lee (Utah, ha letteralmente sbaragliato la concorrenza con il 61,6% dei voti), e Ron Johnson (Wisconsin).

I candidati appoggiati dai diversi Tea Parties alla Camera eletti: Rick Crawford e Tim Griffin (Arkansas), Paul Gosar e David Schweikert (Arizona), David Harmer in California al riconteggio è sotto per un pugno di voti, Steve Southerland, Allen B. West e Sandy Adams (Florida), Tom Graves (Georgia), Raul Labrador (Idaho), Joe Walsh, Robert Dold, Adam Kinzinger, Randy Hultgren e Robert Schilling (Illinois), Marlin Stutzman e Todd Young (Indiana), Jeff Landry (Louisiana), Dan Benishek, Justin Amash e Tim Walberg (Michigan),Vicky Hartzler (Missouri), Renee Ellmers (North Carolina), Frank Guinta (New Hampshire), Joe Heck (Nevada), Michael Grimm e Christopher Gibson (New York), Steve Chabot, Bill Johnson, Steven Stivers e Jim Renacci (Ohio),Tim Scott, Jeff Duncan,Trey Gowdy e Mick Mulvaney (South Carolina), Scott DesJarlais (Tennessee), Bill Flores e Blake Farenthold (Texas), Morgan Griffith (Virginia, con Keith Fimian ancora in ballo ma non ce la dovrebbe fare), John Koster (Washington, ancora in bilico), Sean Duffy e Reid Ribble (Wisconsin) e infine David McKinley (West Virginia).

Nulla da fare per il referendum per la depenalizzazione della marijuana: in California e Arizona per un soffio hanno vinto i “no” (rispettivamente 53,8% e 50,3%), nel Sud Dakota i contrari si sono affermati maggiormente (63,3%).

Vedi anche InVisigoth

26 settembre 2010

Ron Paul invita i Tea Party a spingersi oltre

Il candidato repubblicano alle presidenziali 2008 Ron Paul, attuale deputato a Washington per lo stato del Texas, ha parlato di come vede il movimento dei Tea Parties. “Non bisogna solo vedere la cosa – ha detto – in termini elettorali, ma sopratutto su cosa condividiamo esattamente.

“Non sento cose abbastanza precise su ciò che bisognerebbe tagliare nella spesa pubblica. Non ho mai sentito dire che la questione militare-industriale dovrebbe essere affrontata. Mi piacerebbe vedere un consenso che sfida l’istituzione, vorrei che loro contestassero la politica estera interventista. Vorrei che contestassero la guerra alla droga”.

“Mi piacerebbe – ha concluso Paul – sentire queste dichiarazioni provenienti dai Tea Parties, ma non le ho ancora udite. Inoltre vedo che iniziano ad infiltrarsi nel movimento personalità legate all’establishment”.

Anche un altro potenziale candidato repubblicano per le primarie 2012, l’ex governatore del Nuovo Messico, Gary Johnson, ha lanciato un invito ai Tea Parties. “Si potrebbe – ha detto – discutere sulle istanze comuni. Ad esempio, la metà di quello che viene speso per applicare la legge, tribunali e prigioni, sono connessi con la droga. Arrestiamo 1,8 milioni di persone l’anno in questo paese per questioni di criminalità connessa alla droga. Credo che la legalizzazione della marijuana renderebbe questo paese un posto migliore”.


Vedi anche InVisigoth

9 giugno 2010

Su Israele Ron Paul e Rand Paul divergono

Ron Paul, candidato repubblicano alle primarie del 2008, e suo figlio Rand Paul , candidato del Tea Party per il Senato alle prossime elezioni di medio termine in Kentucky hanno opinioni nettamente divergenti sul rapporto che dovrebbe intercorrere tra Israele e Stati Uniti.

“Israele e gli Stati Uniti- ha detto qualche settimana fa Rand – hanno un rapporto speciale. Con la nostra storia condivisa e i valori comuni, il popolo americano ed israeliano hanno stretto un legame che ci unisce attraverso le molte migliaia di chilometri tra i nostri paesi e ci chiama a lavorare insieme per la pace e la prosperità per i nostri paesi”.

Rand Paul, che inizialmente aveva raccolto voti anche tra elettori molto a sinistra, secondo alcuni con questa dichiarazione li avrebbe mandati in fumo. Recuperandone altri però, secondo altri analisti, tra l’elettorato più conservatore ancora scettico rispetto al fenomeno Tea Party.

Ron Paul, invece, non ha mai nascosto una certa “insofferenza” verso l’amicizia speciale degli States verso Israele, e ne ha spiegato i motivi nel suo libro La Terza America. “Sono favorevole – ha scritto – a estendere a Israele la stessa onesta amicizia che Jefferson e i Padri Fondatori ci hanno esortato a offrire a tutte le nazioni. Ma questo significa anche nessun privilegio speciale come gli aiuti all’estero – posizione che mantengo anche con tutti gli altri paesi”.

E parlando dei finanziamenti americani ad Israele, ha proseguito: “[Così] Israele cerca l’approvazione americana per le azioni militari che ritiene necessarie, si consulta con l’America su faccende pertinenti i suoi stessi confini, e ne cerca anche l’approvazione per colloqui di pace con i suoi vicini. E’ ora di farla finita. E con un arsenale di centinaia di armi nucleari, Israele è più che capace di dissuadere o respingere qualsiasi nemico. Israele dovrebbe ancora una volta essere responsabile del proprio destino”.

Ron Paul ha preso invece una recente posizione nettissima per quanto riguarda invece Gaza. “Impedire – ha detto – ai beni di prima necessità di entrare è un vero atto di guerra. E’ assolutamente sbagliato impedire l’arrivo di aiuti a gente affamata e piena di problemi, che sta quasi come in un campo di concentramento . Sì, noi stiamo appoggiando questo concetto. Io penso che tutto questo sia terribile, e che non dovremmo prenderne parte”.

Vedi anche InVisigoth

20 maggio 2010

Rand Paul trionfa in Kentucky

Rand Paul, forse il simbolo più appariscente dei Tea Parties, ha letteralmente sbaragliato alle primarie repubblicane per il Senato il suo avversario, Trey Grayson. La vittoria di ben 24 punti sul candidato dell’establishmente Grayson, che era sostenuto dai più potente repubblicani a Capitol Hill, come ad esempio il senatore Mitch McConnell (anche lui del Bluegrass State) ha sottolineato il sentimento anti-Washington che sta pervadendo da est a ovest tutta l’Unione.

“Ho un messaggio – ha detto Rand Paul nel suo discorso tenuto dopo i risultati a Bowling Green – un messaggio del Tea Party, un messaggio forte e chiaro e senza mezzi termini: stiamo andando a riprenderci il governo”.

Rand Paul è figlio di Ron, candidato alle primarie presidenziali repubblicane per il 2008, e l’elemento di spicco del movimento libertario nel Great Older Party.

vedi anche InVisigoth

17 maggio 2010

Quell’improvviso infiammarsi libertario nel Maine…

Due settimane fa, il Partito Repubblicano del Maine ha tenuto la sua convention. A detta di molti commentatori, il GOP è stato praticamente preso in consegna da una coalizione di libertari sia affiliati al Republican Liberty Caucus, sia sostenitori di Ron Paul, sia simpatizzanti dei Tea Parties, che hanno condotto i lavori e la definizione del programma, che ha tralasciato questioni foriere di divisioni sociali, ma è stata assolutamente intransigente nel portare avanti una politica economica volta ad una minora spesa pubblica e ad una tassazione inferiore.

Ma non è finita qui. La radio WCSH6 (emittente di Portland, nel Pine Tree State) ha infatti dato notizia della prima riunione, tenutasi sabato scorso, del ricostituitosi Libertarian Party of Maine, che dal 1992 non era più un partito riconosciuto dallo stato del Maine (quell’anno il suo candidato Andre Marrou non riuscì a superare il 5%). Gli attivisti del LPME sono fiduciosi di riottenere il riconoscimento e ritornare a far capolino sulla scheda elettorale. La petizione per la rentrée sulle scene è già stata lanciata.

vedi anche InVisigoth

12 maggio 2010

Gary Johnson: è lui l'erede di Ron Paul?

Nel Nevada non è inusuale incontrare esponenti del partito repubblicano favorevoli alla completa legalizzazione della prostituzione (vista la semilegalità nel Silver State). Probabilmente se ne possono incontrare di più a Portorico, dove la prostituzione è già completamente legalizzata. Certo, è inusuale invece trovarne uno nel Nuovo Messico, di repubblicano che dice apertamente di pensarla così. E che repubblicano! Si tratta di Gary Johnson, ex governatore proprio della Land of Enchantment, che in un’intervista a Fox News ha dichiarato: “Personalmente, non ho mai preso in considerazione l’idea di ricorrere ai servizi offerti da una prostituta, ma se dovessi farlo, dove li cercherei? Beh, sarebbe probabilmente in Nevada perché là, essendo legale, è indubbiamente più sicuro”.

Johnson, cinquantasette anni, in passato ha espresso idee favorevoli per una legislazione che depenalizzi l’uso della marijuana, per una riduzione della presenza dello stato nella vita dei cittadini, e per una politica estera non interventista. E’ stato governatore del Nuovo Messico dal 1995 al 2003 (due mandati). Nelle scorse primarie repubblicane per le presidenziali ha espresso il suo endorsement per il candidato libertario repubblicano Ron Paul. Potrebbe correre per le primarie alle presidenziali del 2012. Sarà lui l'erede spirituale di Nonno Ron?

vedi anche InVisigoth

14 aprile 2010

2012: Obama 42%, Ron Paul 41%




Un sorprendente sondaggio telefonico effettuato da Rasmussen Reports rivela che Ron Paul raccoglierebbe, in un'ipotetica sfida contro il presidente in carica, praticamente la stessa percentuale di consensi! L'11% dei contattati preferirebbe un altro candidato, il restante 6% risulta indeciso. Il nonnetto Paul fa il pieno tra chi non si riconosce nei due partiti ufficiali e tra coloro che si dichiarano parte del cosiddetto 'Tea Party Movement', mentre non convince a pieno i sostenitori duri e puri del GOP e, ovviamente, la classe politica repubblicana. Ron Paul non ha mai ufficializzato la sua corsa alle prossime presidenziali, un passo prematuro e troppo avventato al momento, ma la spinta propulsiva della R3volution non incontra attriti di sorta ed anzi pare ingigantirsi. Ci toccasse mai ritoccare l'url del sito, ron12.blogspot... Forse i Maya poi non ci avevano visto male:D