I repubblicani conquistano la maggioranza della Camera alle elezioni di Mid Term 2010, con 239 seggi (60 in più rispetto alla precedente legislatura) contro i 187 dei democratici (al momento 9 seggi non sono ancora stati assegnati ufficialmente). I dems perdono terreno anche al Senato, mantengono però la maggioranza per cinque seggi (52 a 47, uno non ancora assegnato), che pur salvando “la faccia” nella pratica non garantisce de facto un appoggio incondizionato a Barack Obama, vista l’elezione di alcuni senatori democratici dichiaratamente contrari alle politiche che fin qui ha avuto il Presidente eletto (come Joe Manchin, West Virginia). Inclusi nel conto dei dems anche i due senatori indipendenti Bernie Sanders (Vermont) e Joseph I. Lieberman (Connecticut) che hanno corso sotto il simbolo dell’asinello ma non sono affiliati a questo partito (dunque il cerchio è già più ristretto rispetto al conto di 52).
Vittoria del GOP anche nel conto dei Governatori, con 29 stati che saranno a guida repubblicana (+ 9 rispetto alla precedente legislatura), 16 a guida democratica, e uno (il Rhode Island) che ha confermato il governatore indipendente uscente, Lincoln Chafee (quattro ancora non assegnati ufficialmente). In controtendenza la California, che dopo gli otto anni repubblicani di Arnold Schwarzenegger passa alla guida del democratico settantaduenne Jerry Brown; la sfidante Meg Whitman, la miliardaria che ha speso più soldi propri in tutte le elezioni di sempre, non ce l’ha fatta (ergo in America non è vero che vincano per forza i più ricchi). In South Carolina è stata eletta la prima governatrice donna, Nikki Haley, 38 anni figlia di immigrati sikh e sostenuta dal Tea Party (in questo stesso stato Terri Sewell, dems, è diventata la prima donna nera eletta al Congresso).
Il Tea Party ha riportato una grossa affermazione, non solo e non tanto per il numero di candidati portati in Parlamento, ma anche perché ha costretto da un lato il partito repubblicano a riscrivere la propria agenda incorporando molte issues di questo movimento, e dall’altro ha costretto i democratici ad impostare contro di loro la campagna elettorale. Uno dei rappresentanti più veri e sinceri del Tea Party, mediaticamente meno appariscente perché concreto e non equivoco, Rand Paul, ha vinto di larga misura per il Senato in Kentucky (55,9%). Netta anche la vittoria di Marco Rubio (Florida), figlio di immigrati cubani e da qualcuno già ribattezzato l’Obama ispanico.
Continuando con il Senato, in Alaska il candidato repubblicano del Tea Party Joe Miller ha totalizzato il 34,3%, contro il 41% del “write-in” (nome scritto a mano sulla scheda) dell’ex repubblicana candidatasi come indipendente Lisa Murkowski. Sconfitta come da programma per Christine O’Donnell in Delaware e meno scontata invece per Sharron Angle in Nevada. Questi tre protetti della “versione Sarah Palin” del Tea Party non ce l’hanno fatta, e anche questa è una buona notizia in chiave futura per il movimento. In Colorado il candidato del Tea Party Ken Buck ha mancato di un soffio l’elezione.
Gli altri candidati appoggiati dai diversi Tea Parties al Senato eletti: Pat Toomey (Pennsylvania), Mike Lee (Utah, ha letteralmente sbaragliato la concorrenza con il 61,6% dei voti), e Ron Johnson (Wisconsin).
I candidati appoggiati dai diversi Tea Parties alla Camera eletti: Rick Crawford e Tim Griffin (Arkansas), Paul Gosar e David Schweikert (Arizona), David Harmer in California al riconteggio è sotto per un pugno di voti, Steve Southerland, Allen B. West e Sandy Adams (Florida), Tom Graves (Georgia), Raul Labrador (Idaho), Joe Walsh, Robert Dold, Adam Kinzinger, Randy Hultgren e Robert Schilling (Illinois), Marlin Stutzman e Todd Young (Indiana), Jeff Landry (Louisiana), Dan Benishek, Justin Amash e Tim Walberg (Michigan),Vicky Hartzler (Missouri), Renee Ellmers (North Carolina), Frank Guinta (New Hampshire), Joe Heck (Nevada), Michael Grimm e Christopher Gibson (New York), Steve Chabot, Bill Johnson, Steven Stivers e Jim Renacci (Ohio),Tim Scott, Jeff Duncan,Trey Gowdy e Mick Mulvaney (South Carolina), Scott DesJarlais (Tennessee), Bill Flores e Blake Farenthold (Texas), Morgan Griffith (Virginia, con Keith Fimian ancora in ballo ma non ce la dovrebbe fare), John Koster (Washington, ancora in bilico), Sean Duffy e Reid Ribble (Wisconsin) e infine David McKinley (West Virginia).
Nulla da fare per il referendum per la depenalizzazione della marijuana: in California e Arizona per un soffio hanno vinto i “no” (rispettivamente 53,8% e 50,3%), nel Sud Dakota i contrari si sono affermati maggiormente (63,3%).
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